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Cos’è il Mastering Audio e cosa significa «Remastered» quando compriamo un disco

di Redazione
mastering audio

Per fare un buon disco non serve solo una gran voce, un ottimo arrangiamento musicale, una registrazione e un mix perfetti: tra le componenti indispensabili per la riuscita del prodotto vi è sicuramente il mastering audio.

Ma cos’è esattamente questa tecnica e perché ne sentiamo spesso parlare a proposito della lavorazione di un disco? Oltre alla masterizzazione, negli anni ha acquisito sempre più importanza anche il concetto del remastered, ossia la rimasterizzazione di un album con tutti i vantaggi portati dalle tecnologie odierne nella qualità del suono.

Andiamo a vedere quali sono le principali caratteristiche del mastering e a cosa servono, e come i vinili e i dischi rimasterizzati hanno col tempo attirato una fetta di pubblico sempre più grande.

Mastering audio: cos’è e perché viene utilizzato

Il mastering è l’ultima fase della post-produzione audio. Si ricorre al mastering per perfezionare la qualità del prodotto che è stato già editato: si cerca di eliminare tutte le eventuali imperfezioni, ma soprattutto il lavoro importante che si esegue nel mastering è quello di far sì che il disco suoni perfettamente su qualsiasi tipo di dispositivo. Inoltre, grazie al mastering, il disco viene “pulito”: nello specifico si tratta di una correzione di tutti quei clic, sibili o errori che si possono sentire nel mix finale e che sono sfuggiti al controllo nei precedenti step.

Vero e proprio punto di riferimento, sia per gli addetti ai lavori che per gli appassionati del tema, è senz’altro il libro “Mastering Audio: The Art and the Science” di Bob Katz: una Bibbia per qualunque artista e produttore musicale nella quale vengono riportate le più importanti testimonianze, opinioni e teorie sull’argomento.

L’obiettivo è quello di bilanciare un mix stereo e ottimizzarne la riproduzione su tutti i sistemi e formati multimediali (CD, Vinile, MP3 ecc.). Grazie a questa fase di post-produzione il suono viene reso coerente e uniforme tra le varie tracce dell’album.

A occuparsi di questo processo è il fonico di mastering, o mastering engineer, impegnato appositamente nell’ultima parte tecnica e creativa per la realizzazione del disco.

Qual è la differenza tra mastering e mixing

Una delle domande più frequenti sul mastering riguarda la differenza rispetto alla fase di mixaggio

Quest’ultima si concentra su come far lavorare le singole parti o i singoli strumenti per far sì che il prodotto finale – la canzone – funzioni. In sostanza, si può dire che il mixing cura nel dettaglio ogni parte della singola traccia assemblando i diversi strumenti (chitarre, bassi, piano ecc). Il lavoro di mixaggio in studio infatti è eseguito sulle tracce singole degli strumenti, le quali vengono equalizzate, compresse ed editate una ad una e infine il volume di ciascuna traccia viene regolato in modo che nel brano si possano sentire tutti gli strumenti perfettamente bilanciati tra loro, o venga data enfasi a uno strumento in alcuni punti (pensa ad esempio a un solo di chitarra). Nella fase di mix possono anche essere applicati degli effetti come reverbero o delay per donare un ambiente allo strumento o alla voce. Potremmo paragonare questa fase al lavoro di uno chef che partendo dalle materie prime realizza una ricetta, dosando gli ingredienti grazie alla sua maestria e creatività.

Il mastering, successivamente, perfeziona la qualità del suono, non solo del singolo brano, ma cerca di uniformare tutte le tracce dell’intero album, coordinando le diverse canzoni su un piano coerente tra loro non solo a livello di volume ed equalizzazione, ma anche, come detto, facendo sì che ci sia una simile esperienza di ascolto su diversi dispositivi (diffusori professionali, piccoli diffusori portatili, auricolari, smartphone, televisori ecc.).

Le tecniche del mastering

Il mastering audio è un procedimento complesso che coinvolge varie tecniche e viene eseguito in più fasi.

Per prima cosa si controllano eventuali errori del mix, come click, distorsioni, rumori di fondo e, se presenti, si richiede al fonico di mix di correggerli. Ricordiamo infatti che nel mastering l’ingegnere del suono (che molto spesso non è la stessa persona che ha eseguito il mixaggio) non va a operare sulle singole tracce degli strumenti come nel mix, ma agisce sull’unica traccia stereo, risultato del mixaggio.

Si procede poi a intervenire sul volume per renderlo uniforme: a tal fine si utilizzano per esempio compressori e limitatori che vanno spesso a ridurre la gamma dinamica e a impostare un limite di volume per tutti i brani dell’album.

Questa è una fase delicata in cui spesso gli ingegneri del suono si scontrano con i produttori, i quali vorrebbero un disco che suoni “più forte” rispetto alla concorrenza, penalizzando la naturalezza della registrazione e la gamma dinamica dei brani. Abbiamo già affrontato questo tema nell’articolo sulla Loudness War.

Altro passaggio fondamentale è l’equalizzazione generale dei brani. Si ricorre all’uso di analizzatori di spettro ed equalizzatori nel caso in cui ci si accorga di palesi squilibri riscontrati nella traccia (ad esempio un’eccessiva enfasi delle basse frequenze); di conseguenza, l’obiettivo è bilanciare e proporzionare i suoni della canzone. Questa fase è molto importante anche per far sì che i brani abbiano lo stesso ascolto sui diversi dispositivi di riproduzione. Infatti, è tipico che i diffusori portatili pecchino nelle basse frequenze, come anche gli auricolari. Un bravo ingegnere di mastering esegue moltissimi ascolti del disco su diversi supporti, cercando il miglior compromesso possibile per un’equalizzazione sempre soddisfacente.

Vengono spesso utilizzati anche dei compressori multibanda, in grado di agire sulla gamma dinamica di un certo spettro di frequenza, in modo da modificare solo le basse, medie o alte frequenze.

Un’altra fase del mastering è il controllo della stereofonia, che va ad analizzare l’ampiezza del suono e la sua distribuzione nello spazio; soprattutto si esegue sempre un ascolto della versione “mono” del brano: infatti, potrebbe accadere che la riproduzione eseguita in monofonia crei problemi di fase, dovuti alla somma delle due tracce stereo, che portano alla cancellazione di alcune frequenze.

Uno degli ultimi passaggi è rappresentato dalla creazione della sequenza (tracklist) e dalla spaziatura, che interviene sulla pausa e transizione tra una traccia e l’altra.

Quando e perché un disco è «remastered»

La masterizzazione, come abbiamo visto, è una tecnica di manipolazione dell’audio con cui migliorare la resa sonora di un brano musicale, e sempre più spesso negli ultimi tempi viene eseguita su dischi già masterizzati in passato, in questo caso si parla di “remastering” o di edizione rimasterizzata. La tendenza a questo tipo di pubblicazioni è aumentata in correlazione al ritorno di moda dei vinili e, più recentemente, anche dei CD.

Il forte richiamo delle edizioni rimasterizzate di dischi del passato – grandi classici o opere difficilmente reperibili – ha attratto un alto numero di appassionati. Con le edizioni remastered si possono ascoltare i vecchi dischi ritoccati nella qualità del suono grazie alle tecnologie più moderne. Il processo di remastering persegue anche il fine di migliorare la qualità di un prodotto per adattarlo ai nuovi dispositivi. Non solo, il remastering è d’obbligo quando un artista sceglie di pubblicare una raccolta di brani originari di album diversi, per far sì che il “best-of” abbia una sua coerenza di volumi ed equalizzazione nella riproduzione.

Le tecniche di remastering variano a seconda che si tratti di un recupero di vecchie produzioni logorate dal tempo o di un lavoro su opere più recenti considerate migliorabili nella qualità dell’audio. Nel primo caso si ricorre principalmente a eliminazioni di click e glitch, soppressione dei rumori di fondo, rimozione delle sibilanti da dialoghi e canti, equalizzazione del brano ed espansione o compressione dinamica; nel secondo caso si opera con equalizzazione del brano e ricerca di un’uniformità in tutti i brani dell’album, ed espansione o compressione dinamica grazie all’ausilio delle nuove tecnologie digitali. In questo periodo è infatti molto comune trovare edizioni rimasterizzate di vecchi album del passato. Grazie alle attrezzature ora meno costose che non permettevano all’epoca di raggiungere la qualità audio dei giorni nostri, molti artisti hanno deciso di ristampare i loro grandi successi rimasterizzati.

È il caso ad esempio dei The Clash, in uscita a breve con Combat Rock, o di My Generation dei The Who, rimasterizzato con la tecnica “half-speed mastering”.  

Le polemiche sul digitale

Proprio il digitale, però, ha creato parecchio dibattito attorno ai vinili rimasterizzati. Se da una parte si ha il fascino di recuperare opere del passato che fanno gola ai collezionisti, dall’altro c’è chi storce il naso davanti all’assenza della matrice analogica nella maggior parte dei vinili oggi ristampati. Gran parte delle edizioni in vinile, infatti, oggi sono rimasterizzate in digitale, “sacrificando” quel suono analogico proprio dell’opera originale, leit motiv degli audiofili.

Si tratta comunque di una questione di gusti personali: c’è chi preferisce il caro vecchio vinile originale con tutti i rumori di fondo e fruscii annessi, e chi invece scalpita per comprare un’edizione rilavorata dei propri artisti preferiti con una qualità del suono decisamente migliorata e riadattata alle tecnologie odierne. Non c’è dubbio però che le edizioni rimasterizzate dei vecchi vinili o anche di dischi più recenti continuino a richiamare gli appassionati, come testimoniano i numeri delle vendite.