Spedizione gratis a partire da € 90

La loudness war

di Redazione
loudness war

Dalla fine degli anni ’80 ai primi 10 anni del nuovo millennio, molti album nell’industria discografica hanno risentito di una tendenza che prende il nome di loudness war.

Si tratta, per dirla in termini molto semplici, di aumentare i livelli del volume medio delle registrazioni riducendo sempre di più la gamma dinamica. Per gamma dinamica si intende la differenza tra il picco più alto e quello più basso di volume in un brano.

Registrazioni di musica classica, ad esempio, hanno solitamente una gamma dinamica molto elevata, per mettere in risalto le variazioni di intensità di esecuzione dell’orchestra, mentre brani di musica rock, metal o dance, hanno una gamma dinamica molto ridotta e lo scopo è che il pezzo suoni sempre forte dall’inizio alla fine.

L’idea alla base della loudness war è quella di superare i propri competitor a livello di volume percepito. Non tutti i musicisti e ascoltatori sono particolarmente favorevoli, e hanno espresso forti critiche nei confronti della loudness war.

Nell’articolo di oggi vedremo insieme in cosa consiste la loudness war, quali sono i suoi effetti, e anche le rimostranze di molti personaggi di spicco della scena musicale internazionale.

Cosa si intende con loudness war

Tutto è cominciato dalle radio.

L’esigenza di avere un brano che suonasse più forte rispetto a un altro nasce dal fatto che l’ascoltatore, passando in rassegna le frequenze radiofoniche, tende a fermarsi sulla stazione in cui il volume è più alto. Relativamente a questo, non è un caso che le pubblicità abbiano sempre un volume medio più alto rispetto alle canzoni. In psicoacustica, infatti, il nostro cervello viene influenzato anche dal volume percepito di ciò che stiamo ascoltando. Se sto ascoltando un normale programma musicale, infatti, quando partirà la pubblicità, il volume più alto attirerà il mio cervello sul messaggio che vuole comunicarmi.

Il desiderio di creare un prodotto con un volume più alto degli altri è esistito quasi dalla nascita della registrazione musicale, ma fin quando l’unico supporto per la musica era il vinile, c’erano dei limiti tecnici a questa guerra del volume. Con il sopravvento del CD-ROM e l’introduzione di tecnologie digitali in fase di registrazione e di mastering, la loudness war cominciò definitivamente la sua escalation.

Cominciarono così verso le fine degli anni ’80 a essere prodotti CD in cui il volume superava il limite digitale, producendo distorsioni (clipping).

Alcuni dei primi dischi pubblicati seguendo questa nuova tendenza furono il Black Album dei Metallica del 1991 (uscito recentemente in versione rimasterizzata in vinile)  e Dirt degli Alice in Chains dell’anno successivo.

Da metà anni Novanta, la loudness war divenne sempre più attraente per l’industria discografica, convinta che i fan preferissero ascoltare la musica a un volume sempre più alto. A volte i supporti furono spinti al limite delle loro capacità, come nel caso degli album Definitely Maybe e il successivo (What’s the story) Morning Glory degli Oasis; ma anche nella rimasterizzazione del suo Raw Power da parte di Iggy Pop, quest’ultimo definito da molti “l’album più rumoroso della storia”.

A fine anni ’90, Californication dei Red Hot Chili Peppers (in uscita prossimamente con il loro nuovo album) fu un’altra illustre vittima della loudness war, presentando talmente tanti clipping digitali da ricevere critiche anche dagli ascoltatori meno esperti.

Nel 2008 si raggiunse l’apice della loudness war con l’album dei Metallica Death Magnetic, la cui versione in CD presentava un livello sonoro medio talmente elevato da causare molti clip digitali (distorsione) in fase di riproduzione. Un aneddoto piuttosto divertente in merito a questo disco riguarda la sua versione per il videogame Guitar Hero III, nel quale erano presenti le tracce dell’album prima della compressione avvenuta in fase di mastering. Gli appassionati fecero notare che nel gioco le canzoni sembravano avere una qualità sonora migliore rispetto a quelle presenti nel CD.

Ma a livello di registrazione e di ascolto quali sono gli effetti della loudness war?

Gli effetti della loudness war

Partiamo col dire che un CD non può oltrepassare un certo limite di livello sonoro. L’aumento del volume complessivo si può ottenere, come abbiamo detto, solo riducendo la gamma dinamica.

Il primo effetto è quindi quello di creare brani che suonano sì “forte” per tutta la loro durata, ma con la conseguenza di risultare appiattiti sul tetto massimo di volume, riducendo le differenze tra il picco massimo e il volume medio. La riduzione della gamma dinamica, tuttavia, può comportare una difficoltà nell’ascolto, che può risultare “pesante”.

Il secondo effetto è legato al clipping. Nella codifica digitale, quando il valore del segnale supera la soglia massima (0 dbFS), i valori superiori vengono ricondotti al valore massimo possibile, tagliando l’onda di netto e generando quindi onde “quadrate”. Questo fenomeno da luogo al famoso “clip”, una parola onomatopeica che indica la distorsione (non armonica) in ambito digitale. 

Quando è contenuto, e si riscontra solo in rari e brevissimi momenti del brano, il clip digitale potrebbe passare inosservato a un orecchio non esperto, ma nei casi più evidenti (come negli album sopra citati) è piuttosto palese e fastidioso anche per un neofita dell’audio.

Le critiche e la fine della loudness war

La loudness war è stata attaccata da molti personaggi di rilievo del panorama musicale internazionale. Tra questi spiccano grandi nomi di esperti del settore, come quello di Geoff Emerick, tecnico del suono che ha collaborato tra gli altri con i Beatles in molti dei loro album più noti, da Revolver a, Sg. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, da The Beatles ad Abbey Road, o Alan Parson, vincitore del Grammy Award nel 2019 nella categoria “Surround Sound – Best Immersive Audio Album”.

A denunciare l’uso di questa pratica, diventata una vera e propria abitudine, è stato anche il menestrello di Duluth, Bob Dylan, che ha criticato il troppo “rumore” e la scarsa definizione delle registrazioni.

Feroci critiche arrivano dagli appassionati dell’Hi-fi, abituati ad un ascolto musicale di elevata qualità. Infatti, investire migliaia di euro per un impianto in grado di esaltare la qualità sonora e poi doverci far suonare una registrazione tecnicamente “rovinata” in fase di mastering, non è proprio una bella cosa. A volte, infatti, questi dischi suonano meglio su impianti di bassa qualità, o tramite gli auricolari, che non su un Hi-fi di alto livello, in grado di mettere in risalto sì i pregi ma anche tutti i difetti di una registrazione.

Nel 2007 Suhas Sreedhar in un articolo sulla loudness war fece notare che la notevole gamma dinamica del CD (superiore al quella del vinile) era stata sacrificata a favore della massimizzazione del volume grazie alla tecnologia digitale, e questa eccessiva compressione non permetteva alla musica di respirare.

Anche dal punto di vista medico molti esperti hanno negli anni fatto notare come l’ascolto di musica a livelli troppo elevati possa danneggiare l’udito, in particolare nei bambini e negli adolescenti.

In molti si sono attivati per chiedere dei cambiamenti direttamente all’industria musicale, sia semplici ascoltatori, che imprenditori del settore, sia infine alcune band. Qualche gruppo sta infatti chiedendo di pubblicare nuovamente i loro album su CD diminuendo il livello di distorsione. Sono molte, infatti, le band e gli artisti che hanno dovuto subire decisioni prese al tempo dai discografici, e che ora vogliono fare un passo indietro, riproponendo i loro lavori con un suono più “pieno” e meno compresso.

Bob Katz, ingegnere del suono tra i più importanti esperti di mastering audio, è una delle figure che più hanno cercato di contrastare la loudness war. Secondo Katz l’ultima battaglia alla loudness war è stata vinta, nel momento in cui Apple ha fissato un limite al livello di loudness dei brani in riproduzione sulla sua piattaforma e negli ultimi 5 anni tutti gli altri principali servizi di streaming (Spotify, YouTube, ecc.) hanno cominciato a normalizzare in automatico il volume di tutte le canzoni. La speranza è che questi limiti rendano vana la ricerca ossessiva del volume più alto di un brano rispetto a quello dei competitor, e che gli ingegneri del suono tornino a dar respiro alle registrazioni, rispettando la gamma dinamica degli esecutori.