Tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso il reggae raggiunse la sua massima popolarità nel mondo: un genere musicale nato in Giamaica che a sua volta traeva origine da altri generi come lo ska e il rocksteady, anch’essi formatisi nello stato centramericano intorno alla prima metà degli anni Sessanta.
Il reggae in quegli anni si diffuse grazie alla comparsa di diversi sottogeneri e soprattutto alla spinta di diversi artisti – su tutti Bob Marley, considerato il padre del reggae mondiale – fino a diventare molto più di un genere musicale ma un vero e proprio fenomeno socioculturale.
In questo contesto, dagli inizi degli anni Ottanta il genere cominciò a fare presa anche in Italia con la nascita dei primi gruppi anche se lo scenario nazionale non si presentava ancora così variegato. In questo articolo faremo luce su come si è sviluppato il reggae nel nostro paese e quali furono gli artisti che anticiparono le sonorità del genere.
Dalla Giamaica al resto del mondo: come il reggae ha conquistato il pubblico
Per capire le origini del reggae in Italia è bene rivolgere alcuni cenni su come il genere sia uscito dai confini giamaicani dalla seconda metà degli anni Sessanta per affermarsi sul panorama internazionale. Partendo da generi locali come lo ska e il rocksteady, dai quali si è evoluto, sin dalle sue origini si è trattato di un genere musicale che ha avuto un legame indissolubile con temi sociali.
A giocare un ruolo fondamentale nella diffusione del reggae, infatti, furono la cultura rasta e le lotte sociali che interessarono la popolazione giamaicana: la prima – che ha dato origine alla religione del rastafarianesimo – si caratterizza per un profondo legame con l’Africa, soprattutto spirituale, influenzata dalla lettura della Bibbia e si servì proprio della musica reggae per veicolare i suoi messaggi; anche la popolazione giamaicana utilizzò il reggae come strumento per esprimere le sue speranze e le aspirazioni dopo l’indipendenza ottenuta dalla Gran Bretagna nel 1962. Il reggae trovò il suo portavoce in Bob Marley, diventato una vera e propria icona globale.
Gli anni Ottanta: i primi passi del reggae in Italia
Le prime tracce reggae nel nostro paese si iniziarono a scorgere nei primi anni Ottanta, periodo molto fertile per quanto riguarda la nascita di generi musicali alternativi e sperimentali. Fu proprio Bob Marley a dare un contributo decisivo alla diffusione del reggae nel nostro paese grazie ai due concerti che tenne a Milano e Torino nel 1980.
I primi segni di questo genere, però, secondo molti, sarebbero da rinvenire nell’anno precedente quando salì alla ribalta delle classifiche il famoso brano E la luna bussò di Loredana Bertè, considerato come una canzone antesignana del reggae italiano. Ma c’è anche chi colloca le radici del reggae italiano ancora prima e sempre su artisti insospettabili: è il caso di Rino Gaetano che nel 1978 cantava un brano già dal titolo molto indicativo come Nuntereggaepiù.
Tra i primi artisti italiani da ascrivere propriamente nella categoria reggae troviamo invece gli Africa Unite, nati nel 1981, che diffusero il genere nel paese ispirandosi a Bob Marley con brani come Il Partigiano John o People Pie: il gruppo si pose per molti anni come un punto di riferimento assoluto per questo tipo di musica nello scenario nazionale tra ritmi in levare e testi impegnati con tematiche sociali, ambientali e politiche.
Il reggae comincia a crescere in diverse parti d’Italia: dal Piemonte degli Africa Unite alla Puglia dove nacquero i Different Stylee nel 1983, dediti al dub e al roots reggae (l’evoluzione del reggae degli inizi, sottogenere portato al successo da Bob Marley) che nel giro di poco tempo raggiunsero la ribalta nazionale.
Lo scenario negli anni successivi: un genere in espansione
Gli anni Ottanta diedero il là agli artisti reggae in Italia e fu il decennio successivo a consacrare questo movimento con una variegata scelta di artisti e gruppi: il reggae non era più solo una musica di nicchia ma cominciava ad abbracciare ormai l’intera scena nazionale.
Già nel 1989 erano nati i Pitura Freska, tra le band più rappresentative della prima fase reggae in Italia: nativi di Venezia, cantarono la quasi totalità dei loro testi in dialetto veneziano e vissero il periodo di maggior popolarità intorno alla metà degli anni Novanta.
Questo fu un periodo ricco di nuovi volti nel panorama reggae come il collettivo One Love Hi Powa o la crew romana dei Villa Ada Posse capace di fondere reggae, dancehall e hip hop dando vita a brani focalizzati su tematiche di impegno sociale e diritti civili. Come abbiamo visto il reggae inizia a interagire con altri generi musicali come la dancehall o la dub così da esprimersi in nuove varianti; un caso simile fu quello degli Almamegretta ma si possono citare anche altri nomi come Casino Royale, Reggae National Tickets e Sud Sound System.
Questi ultimi sono sicuramente tra i protagonisti indiscussi del reggae italiano, un gruppo nato tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni Novanta nel Salento e diventato rapidamente uno dei nomi più rappresentativi del genere nel nostro paese. La loro cifra distintiva fu fin da subito la capacità di fondere i suoni e le tematiche del reggae giamaicano con le tradizioni musicali e linguistiche del Sud Italia: i Sud Sound System furono tra i primi a cantare in dialetto salentino, creando un linguaggio musicale unico che univa il ritmo in levare a temi legati alla quotidianità, alla terra, alle disuguaglianze sociali e al riscatto delle periferie del Mezzogiorno. La consacrazione arrivò con l’album Lontano (2003), noto anche come Le radici ca tieni, premiato al Tenco come “miglior opera in dialetto”, e confermata sul piano commerciale con Dammene ancora (2005), che raggiunse la top 5 nella classifica FIMI. Brani come Le Radici Ca Tieni, Sciamu a Ballare o No Playback segnarono un’intera generazione e portarono alla luce una nuova via mediterranea al reggae, capace di affermarsi anche all’estero. Con il loro stile inconfondibile e un forte impegno culturale, i Sud Sound System contribuirono in modo decisivo alla diffusione del reggae in Italia, rafforzando la scena salentina e dando impulso alla nascita di numerosi altri artisti e sound system in tutta la penisola.
La nuova generazione dal Duemila in poi
Proprio dai Reggae National Tickets all’inizio degli anni Duemila si separò il cantante Stena, poi divenuto famoso con il nome di Alborosie: un nome che ha segnato un momento importante della storia del reggae italiano, e non solo, capace di imporsi anche a livello internazionale. Alborosie intraprese la coraggiosa scelta di trasferirsi in Giamaica, la patria del reggae, riuscendo a diventare il primo artista bianco europeo a riscuotere un certo successo proprio in quella terra.
Il primo decennio del nuovo millennio porta sulla scena nazionale anche una delle prime donne a farsi largo nel panorama reggae: Mama Marjas, artista dalla voce potente e da uno stile che spazia tra reggae, dancehall e soul.
Negli ultimi anni, la scena si è arricchita ulteriormente grazie alla nascita di festival, come il Rototom Sunsplash, che hanno contribuito a far conoscere il reggae italiano anche al di fuori dei confini nazionali. Pur non essendo mai diventato un fenomeno di massa, come ad esempio il rap, il reggae italiano negli anni è riuscito a mantenere una solida base di pubblico e una platea di artisti variegata. Un genere che negli anni ha subito diverse trasformazioni rispetto alle origini ma che ha mantenuto una sua identità fatta di ritmo, impegno e lotta sociale che gli permette di essere ancora vivo e riconoscibile. Non più un semplice genere musicale di nicchia, quindi, ma un vero e proprio fenomeno culturale.