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Ottant’anni fa nasceva Bob Marley: una carriera tra musica e impegno civile

di Redazione
Copertina Bob Marley

Ottant’anni fa, il 6 febbraio del 1945, nel paesino di Nine Mile, nell’entroterra giamaicano, nasceva quello che sarebbe diventato il re del reggae: Bob Marley. Un artista capace di unire diverse generazioni sotto la stella della musica e dell’impegno civile.

In questo articolo ripercorriamo le tappe della sua carriera, dagli esordi ai successi con i The Wailers, fino al suo ruolo di portavoce spirituale e politico. Un viaggio tra i brani che lo hanno consacrato e l’eredità che ancora oggi continua a ispirare.

L’ascesa di Bob Marley: dalla Giamaica ai primi passi nella musica

Bob Marley, all’anagrafe Robert Nesta Marley, nacque il 6 febbraio 1945 a Nine Mile. La sua storia familiare era segnata da una forte discontinuità sociale: suo padre, Norval Sinclair Marley, era un giamaicano bianco, ufficiale dell’esercito britannico, mentre sua madre, Cedella Booker, era una giovane donna nera. La relazione tra i due fece scandalo all’epoca, e Norval abbandonò la famiglia quando Cedella era ancora incinta.

Bob crebbe con la madre, e a 12 anni si trasferirono insieme a Trenchtown, un sobborgo povero e difficile di Kingston. Un luogo segnato da miseria e tensioni sociali, ma anche da una grande vitalità culturale e musicale: “Trenchtown era piena di diseredati e disperati”, racconterà Marley, “ma anche di giovani che manifestavano sentimenti di rivolta contro il sistema”.

In quel contesto Bob sviluppò una forte coscienza sociale e spirituale. Pur rifiutando la violenza, si avvicinò progressivamente al rastafarianesimo, movimento spirituale che interpretava la ribellione come emancipazione interiore e ritorno alle radici africane.

A 15 anni abbandonò la scuola per lavorare come saldatore, ma fu anche il periodo in cui esplose la sua passione per la musica. Grazie a Neville “Bunny” Livingston (Bunny Wailer), iniziò a dedicarsi al canto e alla composizione. Nel 1962 pubblicò i suoi primi due singoli, aprendo le porte a una carriera folgorante.

I grandi successi: dai Wailers alla consacrazione solista

Insieme a Bunny Wailer e Peter Tosh, fondò il gruppo The Wailers, che già nel 1964 ottenne un grande successo in Giamaica con il singolo Simmer Down, prodotto da Coxsone Dodd.

Dopo il matrimonio con Rita Marley nel 1966, Bob si trasferì per un breve periodo negli Stati Uniti, per poi tornare nella sua isola. In quegli anni cambiò anche il suo aspetto: abbracciò il rastafarianesimo e iniziò a portare i dreadlocks, diventando una vera e propria icona culturale e spirituale.

Dopo un litigio con Dodd, i Wailers iniziarono a collaborare con il produttore Lee “Scratch” Perry, con cui incisero alcuni dei brani più potenti della loro carriera. La collaborazione fu breve, ma altamente influente.

Nel 1973 uscì Catch a Fire, primo album con distribuzione internazionale, seguito da Burnin’, contenente classici come Get Up, Stand Up e I Shot the Sheriff. Nel 1974 il gruppo originario si sciolse, e Bob Marley continuò sotto il nome Bob Marley & The Wailers, con nuovi musicisti e le coriste I Threes, tra cui sua moglie Rita.

Il successo globale arrivò con No Woman, No Cry e l’album Natty Dread. A questo seguirono dischi fondamentali come Rastaman Vibration e Exodus, registrato durante il suo esilio a Londra dopo un attentato subito nel 1976, proprio alla vigilia del concerto “Smile Jamaica”.

Nonostante fosse rimasto ferito, Marley salì comunque sul palco due giorni dopo, affermando:
“Le persone che cercano di rendere il mondo peggiore non si prendono un giorno libero. Perché dovrei farlo io?”

Nel 1978 pubblicò Kaya, un album più intimo, seguito da Survival, profondamente politico. Dopo la sua morte nel 1981, uscì l’album postumo Confrontation nel 1983, mentre nel 1984 venne pubblicata la raccolta Legend, diventata una delle compilation più vendute della storia.

Bob Marley: l’eredità musicale e morale

Bob Marley non fu solo un musicista, ma un profeta moderno, un attivista e un simbolo di lotta e speranza. Il 6 febbraio è oggi festa nazionale in Giamaica e nel 2006 anche New York ha voluto rendergli omaggio rinominando un tratto di strada a Brooklyn Bob Marley Boulevard.

Nel 1994 è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame e nel 2001 ha ricevuto il Grammy alla carriera. Nel 2013 è stato pubblicato il remix ufficiale dell’album Legend, realizzato da membri della famiglia Marley e da artisti contemporanei. Nel 2015 è uscito anche un live inedito, Easy Skanking in Boston ’78.

Tra gli episodi più significativi della sua vita pubblica, ricordiamo la sua partecipazione al One Love Peace Concert del 1978, dove riuscì a far stringere la mano sul palco ai due leader politici rivali della Giamaica, Michael Manley e Edward Seaga, in un gesto simbolico per la riconciliazione nazionale.

Marley usò la musica come arma pacifica contro l’oppressione, come testimonia anche la struggente Redemption Song, che invita all’emancipazione mentale:

“Emancipate yourselves from mental slavery,
none but ourselves can free our minds.”

Nel 1980 si esibì a Harare, in Zimbabwe, durante la cerimonia di indipendenza del Paese, pagando di tasca sua il viaggio per sé e per la band. Poco prima della sua morte, venne battezzato cristiano ortodosso in Etiopia, prendendo il nome Berhane Selassie.

Nel 1978 ricevette la Medaglia della pace delle Nazioni Unite, a nome di quasi mezzo miliardo di africani, per il suo impegno nella difesa dei diritti umani.

L’ascolto continua…

Bob Marley è stato, ed è ancora oggi, una voce per i popoli oppressi, un faro di spiritualità e ribellione pacifica. Per chi lo ama da sempre, o per chi vuole scoprirlo meglio, consigliamo l’ascolto della raccolta All In One, disponibile anche in edizione limitata.