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Never Mind The Bollocks, quando i Sex Pistols fecero scandalo con una copertina

di Redazione
 
cover sex pistols

Generalmente le copertine degli album rappresentano un elemento di contorno dell’intero lavoro ma negli anni si sono viste delle eccezioni: è decisamente il caso dei Sex Pistols, gruppo punk rock britannico attivo nella seconda metà degli anni Settanta, e del loro unico album in studio Never Mind The Bollocks

L’uscita del disco, ma soprattutto la sua copertina, provocò un vero terremoto nella critica e visto il titolo (traducibile in italiano con “Smettetela di dire stronzate”) si capì sin da subito che la vita dell’album sarebbe stata a dir poco tormentata. 

I Sex Pistols, nella loro seppur breve carriera discografica, avevano l’obiettivo di sovvertire l’ordine vigente e le convenzioni nel mondo della musica, in vigore fino ad allora, facendo parlare di loro nel bene e nel male: si può dire che la band è riuscita pienamente nell’intento viste le reazioni scaturite, con la sola copertina dell’album, dai critici e persino dalla magistratura britannica. La cover dell’album venne prontamente censurata dalle autorità a causa del termine “bollocks” per la sua volgarità con il solo risultato involontario di accrescere la pubblicità all’album stesso. 

Il segno lasciato dai Sex Pistols nella cultura punk

Fondato nel 1975 a Londra, la band era formata dal cantante Johnny Rotten, dal chitarrista Steve Jones, dal batterista Paul Cook e dal bassista Glen Matlock che venne sostituito due anni dopo da Sid Vicious. I Sex Pistols, grazie alla loro rapida ascesa nella seconda metà degli anni Settanta, divennero ben presto un punto di riferimento per la nascente scena punk-rock britannica: il loro stile estremo e fuori dagli schemi diede il là a molte band punk che ripresero anche lo stile originale della copertina dell’album della band. 

La loro carriera fu tanto intensa quanto breve: Never Mind The Bollocks è stato infatti il loro unico album in studio anticipato dai singoli di successo God Save the Queen e Anarchy in the Uk. La band si sciolse alla fine del 1979, solo quattro anni dopo la sua fondazione. 

I Sex Pistols hanno fatto dell’oltraggio alle convenzioni e della filosofia anarchica e anti-ideologica il loro marchio di fabbrica all’insegna della provocazione e dello scandalo. Ciò era riscontrabile già dal loro nome (Pistole del Sesso) fino ai testi dei loro brani e, appunto, alla copertina che costò censure, contratti recisi e critiche. A tutto ciò si aggiunga i numerosi problemi di eccessi e droga che coinvolsero soprattutto il bassista Sid Vicious e che lo portarono alla morte per overdose nel 1979

Come Never Mind The Bollocks e la sua copertina sconvolsero la critica britannica

L’unico album dei Sex Pistols ha segnato l’epoca punk facendo da apripista alla scena musicale britannica. Se Never Mind The Bollocks è diventato un album ai confini del mitico per tutto ciò che ne è seguito il merito fu anche della sua copertina, in aperta controtendenza rispetto alle band fino a quel periodo. 

Nel 1977 la copertina irruppe sulle scene. In origine l’album avrebbe dovuto chiamarsi God Save Sex Pistols con copertina ideata da Jamie Reid contenente un collage di scritte in puro stile punk. I programmi cambiarono quando Steve Jones decise di introdurre l’espressione “Never Mind The Bollocks” che aveva sentito da due fan che se lo ripetevano continuamente: quella frase piacque a Jones tanto che decise di farne il titolo dell’album. 

Come prevedibile, in Gran Bretagna la copertina fece scalpore dal momento che nel titolo, e quindi in bella vista, campeggiava la parola “Bollocks” che aveva un’accezione volgare. Fu una copertina asciutta, austera e senza i volti dei componenti della band raffigurati bensì uno sfondo giallo con il titolo dell’album e la scritta “Here’s the Sex Pistols”: qualcosa che si vedeva raramente nelle copertine di quel periodo e che lanciò una vera e propria tendenza nei successivi album punk. 

In fondo bastò veramente poco per scatenare i fari della critica sul disco – proprio ciò che voleva la band – ossia una singola parola che strizzava l’occhio al turpiloquio. Si moltiplicarono le accuse indignate di oscenità nei confronti della band per aver messo nel titolo il termine “Bollocks”, inaccettabile per le regole del buon costume in Gran Bretagna all’epoca. Alla pubblicazione del disco entrò in gioco persino la polizia britannica che censurò la copertina vietando categoricamente a tutti i negozi della Virgin Records di esporre in vetrina quella copertina con quel titolo. Il culmine della vicenda si raggiunse quando il titolare di uno store a Nottingham, dopo ripetute denunce e divieti di esporre la copertina in vetrina, venne arrestato dalla polizia perché si era rifiutato di rispettare l’imposizione.

Il processo contro il titolare del negozio ebbe una notevole eco tanto che intervenne Richard Branson, capo della casa discografica, per sostenere le spese legali dell’imputato. Durante il dibattimento in aula venne portato come testimone il professor James Kinsley, docente di letteratura inglese alla University of Nottingham, che dichiarò come la parola “bollocks” non potesse ritenersi oscena, in quanto legittimo termine arcaico in lingua inglese per riferirsi a un prete. 

Nelle conclusioni il giudice citò testualmente: “Proprio come i miei colleghi e io deploriamo con tutto il cuore il volgare sfruttamento dei peggiori istinti della natura umana per meri profitti commerciali da parte tua e della tua azienda, dobbiamo con riluttanza trovarti non colpevole di ognuna delle quattro accuse”. L’assoluzione del titolare del negozionon fu l’unico risultato di tutta questa vicenda; i tentativi di censura e le accuse di oscenità non fecero altro che aumentare la pubblicità e l’interesse dell’album, proprio come auspicavano i componenti della band. 

La provocazione messa in atto dai Sex Pistols era andata perfettamente a segno e una frase della Virgin Records, pubblicata sulle pagine dei quotidiani per pubblicizzare il disco, fu probabilmente l’espressione più emblematica per spiegare la dinamica dei fatti: “Forse la copertina non resterà ma l’album sì“.