Spedizione gratis a partire da € 90

Digitale vs Analogico: quale miglior supporto per l’alta fedeltà nell’audio

di Redazione
hi fi alta fedelta

In campo musicale, quando parliamo di qualità del suono e di dispositivi per l’alta fedeltà dell’audio, da tempo possiamo dire che è in corso una vera e propria contrapposizione, quasi una guerra di religione, tra i sostenitori dell’analogico – e quindi del vinile e del giradischi – e quelli del digitale – CD e le più moderne tecnologie.

L’alta fedeltà nell’audio – che deriva dal termine inglese High Fidelity, spesso abbreviato in Hi-Fi – indica tutti quei dispositivi audio e video che mirano a trasmettere un elevato grado di qualità del suono.

Qui andremo ad analizzare i motivi per cui il digitale, e quindi il suono riprodotto dai CD, è più fedele all’originale rispetto al caro vecchio vinile nonostante il dibattito non sia mai definitivamente cessato tra le correnti di pensiero.

L’importanza dell’Hi-Fi nella musica

L’alta fedeltà nell’audio è diventata una componente sempre più importante nell’ascolto musicale. L’Hi-Fi è ricercata da tutti quei dispositivi audio e video dalla qualità superiore: il termine è stato usato per la prima volta nel 1936, con la creazione della valvola 6L6 da parte di RCA (azienda di elettronica statunitense) e si diffonderà ulteriormente negli anni Settanta.

Per gli audiofili (gli appassionati alla fedeltà del suono) poter ascoltare una canzone che si avvicina quanto più possibile all’acustica originale rappresenta la massima aspirazione. Gli impianti Hi-Fi permettono di rendere unica l’esperienza di ascolto facendo arrivare all’orecchio del destinatario tutte quelle sfumature altrimenti impercettibili con dispositivi di minore qualità.

Ma quali sono i criteri su cui basarci per valutare l’alta fedeltà nei dispositivi acustici? Possiamo semplificarli in un elenco:

  • Rapporto segnale/rumore
  • Rapporto dinamico
  • Potenza
  • Slew rate
  • Risposta in frequenza
  • Distorsione armonica totale (THD)
  • Distorsione di intermodulazione (IMD)
  • Wow & Flutter e Rumble (in giradischi e registratori)
  • Fattore di smorzamento
  • Fattore di separazione fra i canali (diafonia)

Naturalmente, a questi elementi vanno aggiunti quelli “ambientali” – come l’acustica della stanza dove ascoltiamo la musica, la posizione in cui si trova chi ascolta o la postazione degli altoparlanti – che andranno ugualmente ad incidere sulla qualità del suono.

Vinile o CD: l’eterno dibattito

Una disputa mai sopita tra gli amanti della musica riguarda proprio la scelta dei dispositivi per la maggiore fedeltà del suono. Da una parte i fan dello storico vinile che con la sua azione sul giradischi ha fatto sognare più generazioni; dall’altra coloro che preferiscono le migliorie portate dalle più moderne tecnologie digitali.

Ciò che appassiona maggiormente gli amanti del vinile è, fra le altre cose, la possibilità di ascoltare quelle sonorità con cui è stata in origine prodotta l’opera facendo così leva sulla componente nostalgica di chi ascolta.

Il vinile è un disco sul quale le informazioni vengono registrate in modo analogico e lette mediante un giradischi, un sistema composto da un piatto dove viene collocato il disco stesso e un braccetto con una testina dotata di uno stilo (la puntina che legge i microsolchi del disco).

Con l’avvento del digitale è cambiato tutto: sono arrivati i CD e le moderne tecnologie che, con la loro rappresentazione in forma numerica, hanno soppiantato l’analogico in ambito musicale. Il successo è dovuto dalla facilità e dall’immediatezza della fruizione di questo tipo di audio soprattutto in merito al vasto numero di dispositivi tascabili disponibili, tecnologicamente avanzati e sempre connessi alla rete, dei giorni nostri.

Su questo punto però c’è da fare una precisazione, in quanto in ambito digitale esistono diversi formati per i file audio. Lo standard del CD è il WAV, con assenza di compressione e massima qualità audio, con lo svantaggio di avere anche un peso maggiore.

Vedremo in seguito che è questo il formato a cui ci riferiamo nel confronto tra supporto digitale e analogico. Se parliamo invece di mp3, che comprende anche il mondo dello streaming digitale, allora in quel caso stiamo parlando di file compressi, con perdita di dati, ben lontano dalla migliore qualità audio possibile. L’mp3 ha però il grande vantaggio di pesare poco sui nostri dispositivi di riproduzione e archiviazione, ed è per questo motivo anche il più veloce per l’ascolto in streaming.

Perché il digitale è più fedele dell’analogico

Nonostante sia opinione diffusa tra molti audiofili che il suono analogico riprodotto dal giradischi risulti più affascinante – con tutte le sue “nostalgiche” sfumature nell’audio – ci sono diversi elementi che spiegano come le tecnologie digitali abbiano consentito di avvicinarsi maggiormente alle sonorità originali

Il motivo principale della maggiore fedeltà del digitale è rappresentato dalla sua capacità di mantenere la qualità del suono costante nel tempo. Il sistema digitale, data la sua natura, può ricreare infinite copie identiche e non è soggetto al degrado provocato dallo scorrere del tempo.

L’indubbio fascino e la magia del vinile, di contro, non possono sfuggire dai segni dell’usura che inevitabilmente si ripercuotono su di esso: ogni volta che la puntina del giradischi legge i microsolchi quest’ultimi vengono alterati insieme alla puntina stessa così da ridurre sia la risposta dinamica che quella in frequenza a ogni ascolto.

Inoltre, i problemi del sistema analogico per l’alta fedeltà iniziano già con la fase di realizzazione del supporto e di quella di lettura dove sono presenti diverse fasi meccaniche-chimiche, acustiche ed elettriche che comportano notevoli compromessi sul disco in quanto prodotto finale. 

Il concetto di Hi-Fi nell’analogico viene meno se pensiamo che la riproduzione del suono è sempre differente a seconda del suo lettore: ne consegue che se ascoltiamo lo stesso disco con un lettore diverso – quindi un diverso giradischi – il suono varierà notevolmente. Ciò avviene perché la percorrenza dell’incisione (tramite la puntina del giradischi) che trasmette le vibrazioni a un trasduttore elettroacustico (il microfono) è collegato a un preamplificatore e, successivamente, a un amplificatore e diffusori o cuffie.

La tecnologia digitale si basa su dinamiche molto simili a quelle analogiche (lettura di dati salvati su disco) ma con la differenza di un processo di riproduzione decisamente meno fisico e meccanico e con un minor numero di fasi e parti fisiche coinvolte che la rende molto più snella e meno soggetta a difetti e limitazioni tecniche.

Ed è proprio questa una delle principali ragioni del successo del digitale che ha soppiantato l’analogico sul mercato musicale nonostante la nostalgia per il fascino del vinile dimostri quanto sia difficile un suo definitivo tramonto.

Ma andiamo più nello specifico cercando di capire gli aspetti tecnici e le differenze tra un segnale analogico e uno digitale.

Come possiamo vedere in figura, il segnale audio digitale è costituito da un campionamento (espresso in sequenze di bit) della forma d’onda analogica.

Questo campionamento è rappresentato da una serie di scalini che tendono a riprodurre lo stesso segnale. La più grande critica che i fan dell’analogico muovono al digitale è proprio questa, ossia che un segnale digitale non riuscirà mai ad essere identico a quello analogico proprio per il campionamento.

In realtà il file digitale che contiene il brano che stiamo ascoltando, ha un campionamento minimo di 44,1 kHz, in grado di riproporre fedelmente questa curva fino a frequenze di esattamente la metà, ovvero più di 22 kHz, e una profondità di almeno 16 bit, in grado di coprire un range dinamico di circa 120 db. 

Considerando che l’orecchio umano perfetto (per intenderci, quello di un bambino) riesce a percepire le frequenze fino a 20 kHz, e che questa soglia si abbassa con l’età, possiamo dire che le frequenze musicali che possiamo ascoltare sono tutte perfettamente riprodotte nel formato digitale. Per capirci, gli scalini che si vedono in figura sono talmente stretti e piccoli che la curva è riprodotta praticamente identica all’originale.

Ma ci sono anche altri motivi per cui affermare oggi che il vinile è più fedele del CD è un’affermazione non corretta. Per ragioni prettamente meccaniche e strutturali del supporto, sul vinile non è possibile incidere frequenze più basse dei 30-40 Hz e più alte di circa 15 kHz, in quanto questi solchi sul vinile o sarebbero troppo grandi, o talmente sottili da non riuscire ad essere riprodotti dalla puntina. Questo problema non si ha ovviamente nel CD, nel quale sono scritte sequenze di numeri, per questo motivo la risposta in frequenza del CD ha un range maggiore rispetto al vinile.

Per non parlare del range dinamico. Nel CD (che ha una profondità di 16 bit) corrisponde a circa 96 db, che teoricamente possono arrivare anche a 120 db, mentre nel vinile questo range arriva al massimo a 90 db.

Il suono “più caldo”

Appassionati e nostalgici del vinile continuano a ripetere che ha un suono “più caldo”, o “più ricco” rispetto al CD. Ciò è dovuto essenzialmente a due motivi. Come abbiamo detto il vinile ha un taglio di frequenze importante soprattutto in alto, sopra i 15 kHz, e questo si è notato soprattutto nei primi dischi masterizzati su CD.

Mentre prima si era abituati ad ascoltare certe sonorità, l’audiofilo rimase spiazzato dall’ascolto delle canzoni registrate in digitale, nelle quali risaltavano soprattutto le frequenze più alte che prima non si riuscivano ad ascoltare nel vinile. Questi suoni furono percepiti dagli ascoltatori come “freddi”, in quanto per suoni “caldi” solitamente ci si riferisce alle frequenze medio-basse.

Il secondo motivo è che nell’analogico la distorsione è solitamente armonica, soprattutto quando parliamo di amplificatori valvolari. Ciò significa che la distorsione produce frequenze che arricchiscono il suono in maniera armonica. Questo non vuol dire però che il suono è fedele, anzi, esattamente il contrario, se per fedeltà intendiamo la rappresentazione più simile possibile al suono originale.

Conclusioni

Potremmo elencare molti altri motivi per i quali quando si parla di “Alta Fedeltà” in campo audio, non si può preferire il vinile al CD, ma concludiamo con alcuni ultimi punti per gli appassionati.

Per prima cosa ci teniamo a precisare che le tesi portate dai fan dell’analogico potrebbero in qualche modo avere un senso nel caso in cui tutto il processo produttivo di un disco, dalla registrazione alla masterizzazione su supporto, fosse avvenuta in analogico. Questo significa che le voci e gli strumenti devono passare per amplificatori analogici, essere registrati su nastri analogici, mixati con banchi analogici e masterizzati direttamente su supporto analogico.

Questo è uno di quei casi in cui avrebbe senso preferire il vinile al CD. Ma al giorno d’oggi in realtà la quasi totalità dei dischi è registrata con apparecchiature digitali, e spesso i vinili non sono altro che una stampa analogica di un disco prodotto o missato (o entrambi) in digitale.

Non solo, anche le ristampe in vinile di grandi dischi cult del passato che stanno uscendo negli ultimi anni sono delle rimasterizzazioni dei vinili originali eseguite nella maggior parte dei casi con l’ausilio di strumentazione digitale.

Quindi è importante essere consapevoli che il suono del vinile è una sua caratteristica unica, che piace molto a noi appassionati, ma non va identificata come “Alta fedeltà” sonora per i motivi che abbiamo visto.