Pianista, tastierista, compositore: Herbie Hancock è tutto questo, e molto di più. Il grande artista statunitense ha saputo spaziare tra jazz, funk, fusion, elettronica, lasciando ogni volta la sua impronta, divenendo una vera e propria icona della musica moderna.
Nell’articolo di oggi andremo a ripercorrere le tappe più importanti della carriera di Herbie Hancock, dagli esordi negli anni Sessanta alla collaborazione con Miles Davis fino alla carriera da solista, ottenendo numerosi riconoscimenti e premi.
Gli esordi, Miles Davis e il funk.
Già dai primi anni di vita si capisce che nel futuro di Herbie Hancock c’è la musica. Nato a Chicago nel 1940, a sette anni inizia a studiare pianoforte classico. Certo, per l’avvio di una vera e propria carriera nel mondo della musica deve passare del tempo. La svolta avviene nel 1961 quando Donald Byrd lo chiama nel suo gruppo. Passa poco tempo e la Blue Note gli offre un contratto. L’anno dopo pubblica subito il primo album, Takin’ Off. Il disco ottiene un grande successo anche grazie alla cover di uno dei brani, Watermelon Man, eseguita dal percussionista Mongo Santamaria. La carriera di Herbie Hancock sta per prendere il volo. Nel 1963 Miles Davis lo vuole per il suo album Seven Steps to Heaven, entrando così nel quintetto del grande jazzista. Anche se impegnato con Davis, Hancock produce anche per la Blue Note, sfornando successi come Maiden Voyage, Cantaloupe Island, e Speak Like a Child. Tuttavia, l’esperienza con Miles Davis, seppur intensa, dura solo cinque anni. Nel 1968, causa una malattia, viene sostituito. Questo non ferma Hancock, che si sposta su sonorità più funky con il disco Fat Albert Rotunda, e altri come Crossinfs e Head Hunters. Nello stesso periodo forma un sestetto, e inizia anche a interessarsi all’elettronica, che sarà un altro tassello importante nella sua carriera.
Gli anni Ottanta e Novanta: la nuova veste di Herbie Hancock
Gli anni Ottanta vedono Herbie Hancock avvicinarsi a due generi diversi rispetto alla sua carriera precedente. In questo periodo, infatti, l’artista statunitense si muove su due progetti paralleli, uno più influenzato dalla musica disco mentre l’altro dall’elettronica. Nascono quindi album come Perfect Machine e Future Shock (con il singolo Rockit, divenuto celebre). In questi anni aumentano le collaborazioni con artisti con cui Hancock aveva lavorato in passato (Tony Williams, Ron Carter e Freddie Hubbard), e si esibisce con il trio Hurricane. È un periodo anche di sperimentazioni: nell’album del 1985, Village Life, Hancock si mette al sintetizzatore elettronico Yamaha DX-1, che gli consente di modificare singole note, dando vita a suoni e atmosfere originali e suggestive.
Il decennio successivo segna un altro periodo di grande fertilità creativa: dall’album di rivisitazioni in chiave jazz di famosi brani pop, rock e R&B (The New Standard), a omaggi a Gershwin in Gershwin’s World, fino a Future 2 Future e Directions in Music, forse i due album più rappresentativi di questo periodo. Il nuovo millennio si apre con altri album e collaborazioni anche al di fuori del mondo jazz (John Mayer e Christina Aguilera in Possibilities del 2005, e Quincy Jones in We All Love Ennio Morricone, disco tributo al grande compositore di colonne sonore italiano). Nel 2008 si dedica a un altro progetto che vuole rendere omaggio a un’altra grande artista americana, la cantautrice, e sua personale amica, Joni Mitchell, a cui dedica River: The Joni Letters, premiato con un Grammy come miglior album.
Herbie Hancock tra musica, cinema e premi
Quella di Herbie Hancock è stata una carriera incredibile, che ancora sembra poterci regalare grandi gioielli. Come abbiamo visto, Hancock ha attraversato da protagonista tutta la seconda parte del Novecento, cambiando spesso prospettiva, rinnovandosi e sperimentando. Questa sua forza creativa ha avuto riscontro anche nei riconoscimenti e premi ottenuti. Per intenderci, girando per casa Hancock, potremmo imbatterci in ben dodici Grammy Awards, ottenuti sia per singole performance e assoli (per esempio per Rockit, Sound System, My Ship, Speak Like a Child), che per migliori composizioni e arrangiamenti (Call Sheet Blues, Manhattan (Island Of Lights And Love, St. Louis Blues), sia per miglior album jazz, contemporaneo o strumentale (A Tribute to Miles Davis, Directions in Music: Live at Massey Hall) e infine per miglior album dell’anno, con River: The Joni letters.
A questi premi vanno poi aggiunte le grandi collaborazioni, che forse contano anche più dei riconoscimenti formali. Stiamo parlando di nomi del jazz come Miles Davis, Jaco Pastorius, Milt Jackson, Paul Desmond, Wayne Shorter, Tony Williams, ma anche artisti che provengono da sonorità più blues, come Quincy Jones e Stevie Wonder.
Ma nella vita di Herbie Hancock non c’è stata solo la musica. Questo grande artista ha infatti collaborato con il mondo del cinema, sia in veste di attore (Ministro della Difesa nel film Valerian e la città dei mille pianeti di Luc Besson del 2017), sia di compositore: prima realizza la musica per Blow-Up di Antonioni, e nel 1987 ottiene infatti l’oscar per la colonna sonora di Round Midnight – A mezzanotte circa, di Bertrand Tavernier.
Infine, nel 2013 riceve il Kennedy Center Honors, assegnati annualmente ai personaggi che si sono distinti per il loro contributo alla cultura e all’arte.
Nella carriera di Hancock non manca proprio nulla: successi, riconoscimenti, sperimentazioni, e soprattutto un’eredità che va ben oltre tutto questo.