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Caparezza: ho fatto pace con il mio passato e guardo al futuro

di Chiara Di Giambattista
 
caparezza

«Questo potrebbe essere anche il mio ultimo disco».

Una frase spiazzante. Poi pensi che a dirla è Caparezza e allora ti rendi conto che ha ragione lui: quello appena uscito è veramente il suo ultimo disco… in questa sua era. Quando cambierà pelle nuovamente, quando la sua prossima “exuvia” sarà completa, allora sarà il momento di dare alla luce un nuovo lavoro.

Ci eravamo lasciati 4 anni fa con Prisoner 709, ci ritroviamo con un nuovo, maestoso, gigantesco lavoro intitolato EXUVIA, che contiene 14 brani scritti, composti, prodotti da Caparezza e mixati da Chris Lord-Alge.

Un album che contiene tutto il percorso di un cambiamento, l’accettazione del passato (la tanto attesa pace con Mikimix) e la costruzione di un nuovo mondo: un mondo che va da Mark Hollis a Beethoven, da Giacomo Leopardi a Federico Fellini passando per Franz Kafka. «Questo è uno degli album più sofferti della mia carriera, soprattutto perché viene dopo 7 dischi e quindi si restringe anche il campo d’azione delle cose da dire, delle possibilità di esplorare territori nuovi.»

La presentazione alla stampa avviene attraverso un percorso interattivo all’interno di una foresta: in base al percorso scelto si scoprono diversi aspetti dell’album. «La sensazione che ho provato in questi ultimi anni è proprio quella di entrare in una foresta e non sapere esattamente dove si sta andando… La voglia di godersi le cose belle ma anche, e soprattutto, le cose spiacevoli che accadono è la grande novità di questo di questo lavoro».

Sono molti gli elementi che lo hanno influenzato e ispirato, ci dice – «ci sono vari padri putativi e creativi di questo disco: c’è Federico Fellini, c’è un sacco di letteratura che tiro in ballo, forse più che nei dischi precedenti, c’è un sacco di cinematografia, per ognuna di queste canzoni c’è un mondo».

E poi la consapevolezza di quello che è stato: «quello che mi lascio alle spalle, la mia EXUVIA, è senz’altro il mio passato, sia artistico che umano. Ho fatto questo disco di proposito diverso da tutti gli altri. Non c’è quella aggressività tipica dei miei dischi precedenti, le chitarre distorte sempre e comunque. Io sono del 1973 e per me farsi sentire corrispondeva ad alzare il volume. In questo momento ho fatto una scelta diametralmente opposta. È un disco che parla di argomenti più malinconici degli altri dischi ma anche scanzonato. Non ho mai voglia di rimanere incasellato in una definizione. Mi smarco continuamente e mi muovo nel bosco. Questo è un disco a suo modo rivoluzionario perché chi ha avuto a che fare con me all’epoca di Fuori dal tunnel non leggeva nei miei occhi questa malinconia che mi sta accompagnando da un po’ che però non è disillusione: si chiama crescere».

E nel mare magnum di un disco ricco di messaggi ci sono anche nuove scoperte: «in questo momento mi sentivo la necessità di fare il disco più “vero” della mia carriera. All’inizio la mia mission era fare un disco allegro, perché venendo da Prisoner 709 me l’ero, in un certo senso, imposto. In questo disco ci sono gli argomenti del mondo adulto ed ho tentato di raccontarli nella maniera più positiva possibile attraverso i tanti cantati e un ribaltamento delle figure che da negative diventano positive. C’è un pezzo, intitolato La certa sulla morte, ed è il pezzo a cui tengo di più: ho cambiato il testo mille volte fino a quando sono riuscito ad ottenere il mio obiettivo: quel pezzo ha dei momenti molto dolci ma anche dei momenti molto forti, quasi inquietanti. È un pezzo positivo alla fine. Come tutto l’album. E quando dico “volevo fare un disco allegro” è una citazione di Federico Fellini che quando stava girando 8 ½ per paura di girare un film malinconico si scrisse sulla macchina da presa “ricordati che è un film comico”. Ovviamente noi sappiamo che non lo è ma lui aveva questa intenzione». Un gigante fra i giganti. Se mai ci fosse stato bisogno di una conferma, Caparezza resta fra i pochi artisti che possono a pieno titolo meritarsi questo appellativo.

Chapeau.

Copertina dell'Album Exuvia
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