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5 Canzoni contro il razzismo

di Redazione
5 canzoni contro il razzismo

Nell’ultimo secolo sono molti gli artisti che attraverso le loro canzoni hanno preso posizione contro il razzismo, argomento che ha nuovamente assunto un ruolo importante nel dibattito pubblico, soprattutto a seguito delle mobilitazioni del movimento Black Lives Matter. La musica può essere un alleato potente in questa lotta: scopriamo insieme 5 canzoni contro il razzismo.

Billie Holiday – Strange Fruit (1939)

In questa nostra carrellata sulle 5 canzoni contro il razzismo non possiamo non partire con Strange Fruit, canzone portata alla ribalta dalla regina del jazz americano, Billie Holiday. Il brano, inciso nel 1939 ed eseguito per la prima volta al Café Society di New York, ci racconta di questi «strani frutti» che cadono dagli alberi degli Stati del Sud, insanguinati fino alle radici, e che sprigionano un odore di magnolia e allo stesso tempo di carne bruciata: sono i corpi dei neri, vittime di linciaggi; eventi che all’epoca della registrazione del brano erano all’ordine del giorno nel Sud degli Stati Uniti. La canzone divenne ben presto un simbolo per il movimento per i diritti civili.

Bob Dylan – Only a Pawn in Their Game (1964)

Bob Dylan prende spunto dall’uccisione dell’attivista del NCAAP Megdar Evers. Il menestrello di Duluth allarga lo sguardo e riflette su un fatto spesso non considerato: i bianchi che sparano ai neri e che eseguono linciaggi non sono altro che delle «pedine» in un gioco più grande di loro, che non riescono nemmeno a comprendere. Sono i politici, e più in generale l’élite bianca degli Stati Uniti, che usano «il nome del negro» a loro vantaggio, per scalare posizioni e ottenere successo, «fomentando l’odio» dei poveri, che continuano invece a condurre la loro vita «come un cane alla catena». La canzone fa parte dell’album The Times They Are a-Changin’ del 1964, ma fu cantata da Dylan già l’anno prima, durante la marcia su Washington, resa famosa dal discorso di Martin Luther King I Have a Dream.

Paul McCartney e Stevie Wonder – Ebony and Ivory (1982)

A cosa si riferiscono l’ebano e l’avorio di questo fortunato brano del 1982, primo in classifica sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti? Paul McCartney e Stevie Wonder utilizzano la metafora dei tasti del pianoforte per porre ai propri ascoltatori una semplice domanda: se ebano e avorio, nero e bianco, vivono in «perfetta armonia» sulla tastiera di un pianoforte, necessari gli uni agli altri, perché non può valere la stessa cosa per gli esseri umani? Il brano è quindi un invito a eliminare ogni forma di razzismo, a superare ogni discriminazione e a prendere consapevolezza del fatto che è sempre possibile imparare qualcosa dagli altri.

Willie Peyote – Io non sono razzista ma… (2015)

Continuiamo la nostra panoramica sulle 5 canzoni contro il razzismo cambiando continente e genere musicale. Nel suo Io non sono razzista ma…, contenuto in Educazione Sabauda del 2015, Willie Peyote critica con grande perspicacia e ironia le discriminazioni verso gli immigrati che popolano non solo la sua città, Torino, ma tutta l’Italia: discorsi basati il più delle volte su pregiudizi e concezioni stereotipate («ogni Imam sta organizzando un attentato terroristico») e che denotano anche una certa ignoranza (come l’idea che «gli immigrati vengono tutti in Italia»). Il rapper prende quindi in giro tutti i luoghi comuni e gli slogan sull’immigrazione, spesso fatti propri dai politici, rivelando l’ipocrisia di alcune affermazioni: «Chi dice io non sono un razzista ma…è un razzista ma non lo sa».

Ghali – Cara Italia (2018)

Chiudiamo con il singolo del 2018 Cara Italia di Ghali. In questa canzone il giovane trapper, nato a Milano da genitori tunisini, critica le diverse forme di razzismo ancora presenti nella società italiana. La discriminazione emerge soprattutto nei casi di cronaca, e nel modo in cui i media amplificano le vicende che coinvolgono gli immigrati: «Il giornale ne abusa, parla dello straniero come fosse un alieno, senza passaporto, in cerca di dinero». Ghali riflette inoltre sulla sua stessa condizione di italiano: ovviamente lo è a tutti gli effetti, ma essendo nato da genitori stranieri a volte è considerato tale anche lui. Perciò Cara Italia è anche una risposta a quanti lo etichettano come diverso: «Quando mi dicon ‘Va’ a casa’… rispondo ‘Sono già qua’».