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Malika Ayane e il suo “Malifesto”

di Chiara Di Giambattista
 
malika ayane malifesto vinile

Sono sicuramente poche le artiste che ultimamente possono vantarsi di essere arrivate al sesto album di inediti senza dover rinnegare o dimenticare niente del loro passato: Malika Ayane è sicuramente una di quelle. “MALIFESTO”, uscito il 26 marzo scorso, è un gradino in più, un passo avanti nella sua carriera già ricca di successi e di traguardi raggiunti. È il suo terzo album sul presente ma è sicuramente quello più consapevole, più maturo e più a fuoco.

Per chi ha amato i suoi lavori precedenti, ascoltare questo disco è come tornare a casa e trovare le pareti rinfrescate e un mazzo di fiori freschi sul tavolo, per chi invece, incredibilmente, la scoprisse solo ora, questo è un lavoro che racconta molto di lei, racconta di obbiettivi raggiunti, di consapevolezze e di inutili zavorre lasciate finalmente alle spalle.

Malifesto: un disco made in Italy

Intanto, dopo alcuni lavori nati nel gelo berlinese, esce per la prima volta con un disco prodotto interamente in Italia: Antonio Filippelli e Daniel Bestonzo hanno lavorato con lei per regalare a “Malifesto” una cura e un’attenzione quasi maniacali, ma mai fredde o artificiali nel sound. Nelle 10 canzoni inedite della tracklist si mescolano suoni elettronici e melodie francesi, atmosfere rarefatte e ritmi uptempo. Il tutto sapientemente amalgamato da un joyciano “stream of conciusness” che trova il suo naturale completamento nei testi e nei brani creati con un team, tranne “Brilla” scritta solo dall’amico e storico sodale Pacifico, tanto vario quanto solido e di qualità: il cantautore romano Leo Pari, Rocco Rampino, Alessandra Flora (che aveva già firmato, tra le altre, anche uno dei successi sanremesi della Ayane) e i “golden boys” dell’ultimo Festival di Sanremo, i cantautori siciliani Colapesce e Dimartino.

Peccato originale”, brano che apre il disco, ti inchioda al muro, ti lascia in apnea per qualche secondo prima che i versi “sarebbe bello dire ‘per sempre’ invece che ‘dipende’” ti schiaffeggino amorevolmente. E poi è tutto un susseguirsi di emozioni: dieci-storie-dieci che al primo ascolto ti catturano e non ti lasciano più andare perché frasi come “io non ho voglia di certezze, ha più carisma la speranza”, come canta in “A mani nude”, ti restano attaccate addosso e te le vorresti tatuare su un braccio o, se avessi ancora 14 anni, scrivertele a caratteri cubitali sul diario di scuola. Ma questo è anche un disco molto cinematografico, pieno di immagini, dove un brano come “Mezzanotte” diventa la perfetta colonna sonora di un giro notturno in macchina, in una città silenziosa, dove il rumore ovattato delle ruote sull’asfalto fa da ipnotico sottofondo ai pensieri.

È un disco di suggestioni rarefatte ma anche di realtà concrete che fluttuano avvolte da immaginazione, leggerezza e memoria.

A questo proposito le abbiamo chiesto: in questo disco quale ruolo, quale peso e che valore ha la memoria?

“La memoria ha un ruolo particolare perché, per poter ragionare sul presente bisogna, banalmente, accettare la ciclicità del tempo e rendersi conto che l’evoluzione di un individuo non passa mai per una linea dritta ma su un percorso a spirale dove noi possiamo cambiare gli elementi ma le dinamiche sono sempre le stesse. Per cui la memoria della propria esperienza, di come si è agito, di come ci si è sentiti in una situazione più o meno analoga, è fondamentale per potersi comportare in modo differente o esattamente nello stesso modo. La memoria ci serve per la consapevolezza. E poi c’è anche la memoria emotiva, incredibilmente straordinaria, che è importante quanto quella razionale e fisica. Perché per poter raccontare delle forti emozioni bisogna potercisi immergere completamente pur non vivendole in quel preciso istante. Saper evocare una precisa sensazione, un preciso stato d’animo è possibile solo basandosi sulla memoria dello stesso e anche per ascoltarlo c’è bisogno dello stesso processo”.

Chi conosce il mondo musicale di Malika Ayane sa che ha davanti un’artista onnivora, curiosa, attenta. Ogni suo lavoro prende spunto da una scintilla musicale che scocca all’improvviso e trascina tutto con sé. Malifesto è il desiderio di un’artista finalmente in pace con il suo mondo interiore, di manifestare i propri sentimenti, le proprie paure, le proprie speranze. Malifesto è il suo manifesto, qui e ora.