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ECM Records: La rivoluzione del Jazz

di Redazione
Copertina ECM Records La rivoluzione del jazz

Monaco di Baviera, Germania, 1969. È qui che comincia la storia di una delle case discografiche più importanti di sempre, vero e proprio punto di riferimento per tutta la musica jazz e non solo. Stiamo parlando della ECM, (acronimo di Editions of Contemporary Music).

In questo video vi parleremo di cosa ha rappresentato, e rappresenta tuttora, la ECM per l’evoluzione della musica jazz ma anche dei dibattiti nati attorno a questa storica etichetta. Sì, perché negli anni si sono scatenate grandi diatribe tra diverse correnti in merito all’apporto dato dall’ECM al jazz.

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La Nascita dell’ECM

Ma andiamo con ordine. La nascita della ECM la dobbiamo a Manfred Eicher, produttore tedesco, che insieme a Karl Egger e Manfred Scheffner decide di lanciare un’etichetta indipendente destinata a riscrivere la storia del jazz. Come detto, siamo nel 1969 e la prima di una lunga serie di pubblicazioni è l’opera Free at Last del pianista Mal Waldron insieme a Isla Eckinger al basso e Clarence Becton alla batteria.

I primi successi della casa discografica arrivano con Keith Jarrett, stella nascente del jazz, che proprio con l’ECM entra in una nuova dimensione stilistica. Negli anni seguenti il successo commerciale di Jarrett aumenta a dismisura grazie ai suoi concerti all’insegna dell’improvvisazione artistica. Proprio l’arte di improvvisare diventa un elemento centrale nell’intera produzione ECM. In quegli anni, tra l’altro, hanno inciso per l’ECM nomi come l’Art Ensemble Of Chicago, Dave Holland, Paul Bley, Paul Motian, Charles Lloyd, Marion Brown, Jan Garbarek.

L’ECM diventa sempre più importante e prestigiosa nella scena musicale. L’etichetta diventa ben presto riconoscibile per la sua estetica eccezionale, sempre molto ricercata, che si sposa perfettamente con la proposta musicale mai banale e sempre alla ricerca di nuovi territori sonori. Lo stile è improntato sulla qualità del suono e sulla ricerca di una trasparenza, di una riproduzione che sia il più possibile fedele all’originale. Elementi come l’omogeneità di suono, il ritmo regolare, la sobrietà caratterizzano questa etichetta così come la cura maniacale del suono. Si potrebbe dire che l’ECM miri ad un jazz classico, che evita le contaminazioni hard e bebop, quasi un jazz d’alta accademia – colto – rispetto al jazz di allora.

Anche lo standard qualitativo delle ristampe è decisamente alto. Aspetto non casuale se si pensa che Eicher ha lavorato anche come assistente alla produzione alla Deutches Grammophone; proprio da questa esperienza ha portato la cura di ogni dettaglio nelle sonorità. Pensate, Eicher ha curato personalmente una ad una tutte le oltre 1700 opere pubblicate dalla casa discografica, e continua a seguire tuttora in prima persona, un caso difficilmente replicabile tra i proprietari di etichette.

Per confezionare i dischi sono sempre state utilizzate immagini che sono delle vere e proprie opere d’arte. Copertine raffinatissime dove quasi sempre il musicista non compare. Vengono invece rappresentati paesaggi desolati che però sono anche motivo di suggestione. Immagini che, se ci pensiamo, ben si sposano con la regolarità e la sobrietà del suono diffuso dall’etichetta. 

Meglio non chiedere agli artisti come è stato lavorare con Manfred! La moglie di Arvo Part, compositore estone a cui la stessa ECM ha dato lustro, ne parlò con entusiasmo ma al tempo stesso disse: “Abbiamo dovuto attenerci a una disciplina rigorosissima, abbiamo attraversato l’inferno. Siamo esausti”. La maniacalità e la ricerca della perfezione di Eicher si riflette quindi anche sui ritmi di lavoro. A proposito di Arvo Part, stiamo parlando di uno dei massimi esponenti scoperti dal nuovo progetto della ECM negli anni Ottanta che vedremo più avanti. In merito all’artista estone è curioso ricordare come egli qualche anno fa abbia riprodotto il suo componimento Tabula Rasa – realizzato negli anni Settanta – con computer e casse d’artista all’interno di una chiesa d’artista a Milano.

ECM New Series

Arriviamo così al 1984. Un anno significativo per il percorso della casa discografica tedesca che lancia un nuovo progetto: viene infatti fondata una costola dell’ECM: la ECM New Series con cui si inizia a guardare anche al di fuori della realtà jazz, concentrandosi sulla musica contemporanea. È qui che vengono scoperti nuovi nomi della scena musicale come – oltre al già citato Part – Heiner Goebbels, Meredith Monk, Ketil Bjornstad e Valentin Silvestrov.

Non mancano anche gli artisti italiani nell’infinito catalogo della ECM. Negli anni sono passati per l’etichetta, tra gli altri, Enrico Rava, Paolo Fresu, Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia.

Chi la ama e chi la odia

Come tutte le persone o cose che lasciano un segno indelebile nel proprio ambito di appartenenza, anche la ECM ha scatenato, e scatena tuttora, ampi dibattiti tra chi la ama e chi la odia. L’etichetta fondata da Eicher è sempre stata divisiva per gli appassionati del genere perché, da una parte, c’è chi la vede come un pilastro e un autentico punto di riferimento per tutto il jazz grazie alla sua ricerca della qualità del suono fin nei minimi dettagli e per aver lanciato il meglio della scena musicale. Ma dall’altra parte della barricata c’è anche chi la critica contestandole una spasmodica ricerca dell’omogeneità di suono che farebbe risultare le opere sotto tale etichetta tutte uguali tra loro, dal suono austero, per alcuni addirittura asettiche. C’è chi muove all’ECM l’accusa di portare avanti un jazz completamente artefatto, creato in laboratorio, che rifiuta di guardare alle evoluzioni del futuro e che invece mira a strizzare l’occhio alle classiche sonorità europee del secolo precedente distorcendo così la visione stessa del jazz. Insomma, una diatriba tra puristi e non che non ha mai accennato a diminuire.

The Köln Concert, ma non solo

Al di là degli eterni dibattiti tra correnti è indubbio che la ECM abbia lasciato un segno indelebile nella storia del jazz degli ultimi cinquant’anni. E allora vediamo alcune delle opere più significative di questo catalogo. Io mi sento di consigliarvi innanzitutto il The Köln Concert di Keith Jarrett del 24 gennaio 1975, che con le sue tre milioni e mezzo di copie vendute è stato il disco jazz più venduto della storia. E pensare che quel concerto rischiava di non tenersi a causa di mille imprevisti in quella piovosa giornata invernale: a cominciare dal pianoforte previsto dal contratto – un Bosendorfer Imperial – che non si trovava perché era stato affittato ad un altro teatro; ne trovarono uno più piccolo ma era in pessime condizioni, scordato e con i pedali non funzionanti. Jarreth, ovviamente si rifiutò di suonarlo. Insomma, una tragedia. La soluzione ai problemi sembrava raggiunta quando, dopo serrate ricerche, spuntò un Bosendorfer da un altro teatro ma la pioggia battente avrebbe rischiato di renderlo inutilizzabile durante il trasporto. A quel punto Jarret spazientito stava per andare via ma viene implorato e convinto dall’organizzatrice, che era entrata nella sua auto, a restare. Nel frattempo, l’accordatore riesce miracolosamente a riaggiustare quanto possibile il pianoforte dopo il trasporto sotto la pioggia. Ma non è finita qui, perché in serata Jarret e Eicher erano in un ristorante italiano prima dell’esibizione ma i camerieri fanno confusione con le ordinazioni e i due rischiano di fare tardi nella cena tanto che Jarret è costretto a mandar giù velocemente un boccone per arrivare giusto in tempo al teatro e far iniziare un concerto che, nonostante tutto, è entrato nella storia.

Un altro disco da ascoltare è Descendre del chitarrista Terje Rypdal che faceva parte della nuova generazione di musicisti norvegesi a cui l’ECM ha cominciato a dare visibilità negli anni della sua formazione. A proposito di Rypdal, due suoi brani registrati con l’ECM – Last Nite e Mistery Man – sono stati ripresi dal regista Michael Mann per la colonna sonora del film Heat-La Sfida. Infine, vi segnalo anche Le pas du chat noir di Anouar Brahem, musicista tunisino specialista nell’utilizzo dell’oud.

Questi sono alcuni dei miei album della ECM preferiti, e i vostri? Scrivetelo nei commenti del video YouTube e mi raccomando, iscrivetevi al canale!