Il 1994 è stato un anno veramente formidabile dal punto di vista musicale, spesso sottovalutato. Trent’anni fa uscivano album come Grace di Jeff Buckley, Definitively Maybe degli Oasis, The Division Bell dei Pink Floyd, MTV Unplugged in New York dei Nirvana (è l’anno anche del suicidio dei Kurt Cobain), e Parklife dei Blur, disco con il quale la band inglese si affermò definitivamente a livello internazionale.
Nell’articolo di oggi ripercorriamo la nascita dell’album, il contenuto e la storia della copertina.
La “profezia” di Albarn e la nascita di Parklife.
La genesi di Parklife nasce molto prima del 1994, ed è legata a una “profezia”. Nel 1990 infatti, il leader dei Blur Damon Albarn aveva dichiarato alla stampa del settore che il loro terzo album avrebbe avuto un successo formidabile, incoronandoli band di riferimento della musica inglese. Albarn aveva poi aggiunto che l’album sarebbe uscito nel 1994. Insomma, una sparata al limite dell’arroganza, ma che alla fine si concretizzerà. In mezzo ci sono due album, nel 1991 quello d’esordio Leisure, e due anni dopo Modern Life is Rubbish, che non registra tuttavia grandi vendite, ma raggiunse circa 100.000 copie nel Regno Unito. Albarn si mette così subito all’opera, e inizia a lavorare alacremente su un nuovo progetto. Già alla fine del 1993 i Blur sono di nuovo in studio di registrazione (in realtà due, il Maison Rouge di Fulham e i RAK Studios). Le sessioni sono molto brevi, e il risultato finale soddisfa tutti. Anzi, quasi tutti. L’unico a far sorgere dei dubbi è David Balfe, proprietario della Food Records, la casa discografica dei Blur. Problema tuttavia secondario: l’etichetta viene infatti acquistata poco dopo dalla EMI.
Parklife è pronto per essere distribuito già nella primavera del 1994, precisamente il 25 aprile, a meno di un anno dall’uscita del precedente album. Parklife, terzo album in studio dei Blur, è subito un vero e proprio trionfo. A oggi si contano più di 5 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Il disco arriva alla prima posizione in classifica nel Regno Unito, consacrando i Blur come band leader del Britpop, in competizione con gli Oasis.
Parklife: una finestra aperta sulla società dell’epoca
Parklife è sicuramente un disco più “impegnativo” dei precedenti, già perché si tratta di un concept album, come dichiara lo stesso Albarn. Ma di cosa parla Parklife?
L’album nasce dal contatto che i Blur hanno con la cultura americana durante un loro tour. Tra le principali influenze va sicuramente citato London Fields di Martin Amis. I brani sono come dei commenti da lager-eater su ciò che osservano e accade intorno. Sono quindi tutte storie diverse ma con un filo che le unisce: una posizione molto critica verso la società, caratterizzata da ironia, satira più feroce, black humour, ma anche momenti di introspezione. Il disco presenta tutta una serie di personaggi che rappresentano l’influenza che lo stile di vita americano ha sugli europei. Nei testi, firmati da Albarn (tranne Far Out, opera del bassista Alex James) si affrontano temi quali pornografia, l’invadenza della televisione, il divertimento sentito come obbligatorio, e di contraltare il salutismo portato agli eccessi.
Dal punto di vista musicale, Parklife è un disco molto vario, che spazia tra generi diversi, con influenze provenienti dal synthpop al punk fino alla new wave. Tra i brani più famosi ricordiamo Girls & Boys, To the End, Parklife ed End of a Century.
La storia della copertina di Parklife
Come spesso accade, i grandi album di successo sono accompagnati da copertine iconiche. Il discorso vale anche per Parklife dei Blur. L’album avrebbe dovuto chiamarsi in modo diverso, Sport o Magic Arrows. Ma sicuramente l’ipotesi più trasgressiva era Soft Porn, con in copertina Buckingham Palace. Altre idee per la cover erano un’immagine di un carretto di frutta e verdura, oppure una vetrina di un negozio di scommesse di William Hill. Tuttavia, tutti questi progetti vengono accantonati abbastanza presto. La band, guidata da Damon Albarn, decide di cambiare decisamente prospettiva, e opta per uno scatto che fa riferimento a qualcosa di totalmente diverso. La copertina, infatti, riprende tre levrieri che inseguono una lepre meccanica durante una corsa, un passatempo che forse per noi risulta strano, ma che invece ha grande seguito in Inghilterra. La fotografia è opera di Bob Thomas, ed era stata scattata molti anni prima, il 2 novembre 1988 al Romford Stadium, nella contea dell’Essex. L’immagine viene poi scelta da Rob O’Connor, designer e fondatore della Stylorouge, studio con base a Londra. Ma perché i levrieri? La risposta la fornisce Graham Coxon, chitarrista dei Blur, che spiega come l’immagine dei levrieri, così aggressivi, sconvolti, quasi animati dal desiderio di uccidere, fosse idonea al disco. In effetti, qualcosa di simile si era già vista in un disco di un’altra band, i Dub Sex (in quel caso il levriero era solo uno), scioltosi nel 1990. La Fortuna ha voluto che a passare alla storia sia stata la cover di Parklife dei Blur, tanto che nel 2010 è stata inserita dalla Royal Mail in una serie di francobolli, la “Classic Album Cover”, che andava proprio a celebrare le copertine più iconiche di sempre.
Parklife rappresenta la svolta nella carriera dei Blur, elevandoli a gruppo di riferimento della scena del Britpop anni Novanta, al pari degli Oasis, così come aveva “profetizzato” il loro leader.